Cassazione: la struttura sanitaria non risponde degli errori dei medici in locazione.
- Monica Claudia
- 2 mag
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Articolo di Commento: Corte di Cassazione, Sezione 3, Civile, Ordinanza, 27 marzo 2025, n. 8163.
FATTI:
Il caso tratta di un intervento laser agli occhi eseguito da medico abilitato presso una clinica privata in alcuni locali presi in locazione da una società, di cui il medico era socio. Il paziente, lamentando danni alla vista a seguito dell’operazione, aveva promosso azione risarcitoria contro il medico, che a sua volta ha chiamato in causa sia la struttura sanitaria che la compagnia assicurativa.
LE DECISIONI
Il Tribunale di primo grado ha respinto la domanda per dubbi sul nesso causale.
La Corte d'Appello di Ancona ha parzialmente riformato la sentenza, riconoscendo un nesso causale "altamente probabile" ma con un risarcimento ridotto.
LA CASSAZIONE
La Corte ha enunciato il seguente principio: "La struttura sanitaria che abbia concesso in locazione alcuni suoi immobili ad una società di medici non risponde dei danni causati da uno di questi ad un paziente, in quanto il rapporto di locazione tra una struttura ed un medico, ed a maggiore ragione tra una struttura ed una società di medici, non comporta che la prima debba rispondere degli errori professionali dei secondi".
ELEMENTI DI RILIEVO
Delimitazione della responsabilità delle strutture sanitarie:
La Corte chiarisce i presupposti della responsabilità della struttura sanitaria per l'operato dei medici, stabilendo che è necessario un rapporto di collaborazione professionale. Un semplice contratto di locazione di spazi e attrezzature non è sufficiente.
Superamento della teoria del "contratto con effetti protettivi verso il terzo" e la Legge Gelli-Bianco.
La Cassazione esplicitamente abbandona questo schema giuridico, citando anche il precedente (Cass. 11320/2022), segnando un'evoluzione nella giurisprudenza in materia.
Questa teoria è stata utilizzata in passato dalla giurisprudenza per estendere la tutela contrattuale a soggetti che, pur non essendo parti formali del contratto, sono comunque interessati dalla sua esecuzione e possono subirne le conseguenze negative. La Corte di Cassazione afferma espressamente che questo schema interpretativo "è uno schema utilizzato in passato dalla giurisprudenza, ma non più seguito da questa Corte".
La giurisprudenza ha progressivamente riconosciuto l'esistenza di un contratto diretto tra struttura e paziente (c.d. "contratto di spedalità") e di un contratto tra paziente e medico (contratto d'opera professionale), rendendo superfluo il ricorso a costruzioni interpretative complesse come il contratto con effetti protettivi. Questa distinzione è stata poi normata con la Legge Gelli-Bianco: come evidenziato nella sentenza, anche prima della legge del 2017, la responsabilità della struttura per fatto del medico è stata qualificata come "responsabilità per fatto proprio", rendendo concettualmente inappropriato il ricorso alla teoria degli effetti protettivi verso terzi.
Secondo i giudici, affinché vi sia responsabilità della struttura:
deve sussistere un obbligo diretto della struttura nei confronti del paziente (es. contratto di prestazione sanitaria);
oppure deve esserci un rapporto professionale tra medico e struttura, tale per cui il medico opera nell’interesse o per conto della struttura, anche in forma non subordinata.
Nel caso specifico:
la casa di cura si era limitata a concedere in locazione un locale e le relative apparecchiature a una società, di cui il medico era socio;
nessun rapporto di collaborazione in forma autonoma o dipendente legava la struttura al professionista;
la struttura non aveva assunto alcuna obbligazione diretta verso il paziente.
Contrattualmente vi era una previsione di una percentuale sugli utili (5%) riconosciuti dalla società conduttrice dei locali in favore della casa di cura: tale previsione è stata ritenuta insufficiente a trasformare il contratto di locazione in un contratto di collaborazione professionale e a qualificare il rapporto come collaborazione professionale, dal momento che essa è stata ritenuta parte del canone locativo, senza implicare un coinvolgimento della struttura nella prestazione sanitaria.
La decisione distingue chiaramente tra rapporti che implicano l'interesse della struttura alla prestazione sanitaria (che generano responsabilità) e rapporti meramente patrimoniali come la locazione (che non la generano).
La sentenza ha importanti conseguenze per le strutture sanitarie che concedono spazi in locazione a società di medici o a professionisti autonomi, limitando la loro esposizione a rischi risarcitori.
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